Bubbole.
Bubbole Blu.
Blu come il
blu dipinto di blu. Come qualcosa di intangibile e poi sfuggente e poi onirico
e poi subliminale e poi subdolo, pericoloso verso la fine, e in ultimo letale. Le
bubbole sono così. Dapprima sembrano uno scherzo, poi si fanno cosa seria,
diventando blu. Una delle ultime inventate è stata “Andrà tutto bene”. Tutto
sommato tra le più innocue, anche se mascherava – è il caso di dirlo – la vera
bubbola blu. Era una bubbola di contorno, in mezzo ad altre ben più spaventose.
Il lettore
medio, quello che ha esposto sul balcone il cartello con l’arcobaleno disegnato
dai figli, quello assiduo di alcuni dei peggiori quotidiani, dirà che la frase
che ho appena scritto è negazionista. Ebbene, per quanto vi possa sembrare
strano, non era un riferimento al virus SARS-CoV-2. Né alla pandemia. "Andrà tutto bene" è stata una
bubbola creata nella pandemia, sta qui la differenza. La pandemia c’è
sicuramente, è sotto i nostri occhi, non mi sogno nemmeno di negarlo.
Le bubbole si creano per tornaconto. Immaginate se nel
vostro lavoro, improvvisamente, ci fosse una riorganizzazione che inizia a far
saltare teste (a causa dei tagli dovuti al lockdown), e voi siate in posizione per salire la scala gerarchica. Gridereste al padrone cattivo che lascia a casa padri o madri di famiglia? Oppure immaginate che, a voi proprietari di negozio, accadesse un evento che vi
costringa alla chiusura, mentre al vostro concorrente, centro metri più in là, sia
consentito restare aperto. Sareste così comprensivi nel giudizio di un governo che facesse una cosa del genere? Due facce della stessa medaglia, due punti di vista opposti ma che hanno in comune il fatto che in entrambi i casi la bubbola sia necessaria.
Siete confusi, e vi capisco. Ci vuole tempo, abbiate pazienza.
Proviamo a spiegarlo con una battuta
di un bravissimo comico, Steven Wright:
I can
remember the first time I had to go to sleep. Mom said, “Steven, time to go to
sleep.” I said, “But I don’t know how.” She said, “It’s real easy. Just go down
to the end of tired and hang a left.” So I went down to the end of tired, and
just out of curiosity I hung a right. My mother was there, and she said “I
thought I told you to go to sleep.”
Ecco, se volete capire un po’ di più di quello che vi accade intorno dovete girare a destra. Vi diranno che avete sbagliato strada, ma continuate, proseguite, e forse capirete qualche cosa di più. Non andate dove mamma – i giornalacci dei quali ostinate ad abbuffarvi – vi dice di andare.
Questo blog,
caro lettore di giornalacci e adoratore di opinion maker, è come una chitarra
dal punto di vista di un mancino: ha le corde al contrario. Se vuoi leggere
questo blog devi girare le corde nella tua testa, farci l’abitudine, ragionare
in modo opposto a come sei abituato, you should hang a right.
Ma tornando al
tema principale, che cos’è quindi la bubbola? Difficile incasellarla in una
definizione. Può nascere in vari modi, a tavolino o per un’intuizione,
improvvisamente oppure in un lento crescendo, per caso oppure studiata nei
minimi dettagli. Ogni bubbola è accumunata però da una caratteristica unica e
inconfondibile: a un certo punto diventa più contagiosa della peste, si
diffonde a macchia d’olio, i media cominciano (o ricominciano) a parlarne e a
quel punto è fatta, la bubbola è completa.
Come molti
hanno capito, la bubbola è anti-scientifica. Non basta che ci siano argomenti che
la confutino per dichiararla per quello che è, anzi. Basta che al detrattore venga
applicata la giusta etichetta: complottista, negazionista, cospiratore,
terrorista, dietrologo, qualunquista, ecc., e il gioco è fatto: la bubbola è
servita. Il bubbolato – colui che si beve la bubbola – fatica a riconoscere
l’evidente stigmatizzazione, e anzi la usa come la sua personale coperta di
Linus. Mette la copertina: “Negazionista!”,
succhia il pollice: “Complottista!”, e si sente protetto – è per la nostra
sicurezza – ed evita di porsi altre domande.
La bubbola, se
ben fatta, può e deve anticipare le domande. Questa è una delle sue nuove funzioni.
Esistono le FAB.: Frequently Asked Bubbole. Più grande è la bubbola che si
vuole far penetrare, più estese saranno le sotto-bubbole necessarie a sorreggere
tutta l’impalcatura. In fondo, non ci vuole molto a inventare una bubbola, i
cui connotati sono sempre gli stessi. L’importante è che faccia presa sulla
gente, che suoni le giuste corde.
Facciamo un esempio
semplice. Un sotto-bubbola efficace sono le nuove formulazioni dei detersivi.
La bubbola principale è che un certo detersivo lavi meglio degli altri, la
sotto-bubbola è che la nuova formulazione lavi anche meglio di quella precedente.
Non è vero, naturalmente. O meglio, probabilmente è certamente più efficace a
livello chimico, ma all’atto pratico la macchia sulla vostra maglietta rimane.
Eppure quella nuova formulazione del detersivo che compriamo da trent’anni, e
nostra madre da cinquanta, corriamo ad acquistarla perché dicono lavi meglio (e
poi la nuova confezione fa pendant con le piastrelle del bagno, non trovi?),
irretiti dalla falsa novità e non ragionando sul fatto che per tutte le volte
che ci hanno venduto formule migliorate i detersivi dovrebbero da tempo fare
dei bucati impeccabili. Come nel cinema c'è la sospensione dell'incredulità, nella pubblicità c'è la sospensione del sospetto, richiesto attraverso un mandato provvisorio di fiducia, un'autorizzazione al possibile inganno.
Un’altra
bubbola è la novità. Recentemente una nota azienda ha inventato un nuovo
biscotto e per promuoverlo lo ha distribuito gratis in una giornata inaugurale.
Secondo voi quella giornata è andata deserta? No di certo: la gente ha fatto
ore di fila per assaggiare in anteprima il biscottino invece di aspettare
comodamente la spesa del giorno dopo e prendere la confezione dallo scaffale. Quella
è la stessa gente che si lamenta (“devo andare a lavorare, io!”) se deve fare
mezz’ora di fila per fare gli esami del sangue. E dov'è la bubbola qui? Ma nella nostra testa
Questi
esempi non sono che goccioline nel vasto mare delle bubbole. Ne vedremo delle
belle.
Il tema del
blog è proprio questo, non tanto la bubbola in sé. È la sempre più diffusa
incapacità al ragionamento e discernimento. Un virus che deve essere curato con
il vaccino della conoscenza, ma non quella scolastica, no. Quella piuttosto del
prendere coscienza della musica che gira intorno.
L’inconsistenza
intrinseca di alcune bubbole è lampante, ciononostante fanno presa. E fanno
presa in un momento in cui è di tutta evidenza come le notizie che ci vengono
date siano false fino al midollo, di come la corruzione sia imperante. Mai
prima di oggi chi ci governa è stato così tanto corrotto, non tanto in senso
legale, quanto in senso letterale: corrotto perché non più integro. I politici
di oggi non fanno gli interessi dei propri cittadini, ma tradiscono i cittadini
e il mandato ricevuto per occupare le poltrone, considerando tutto questo al
passo con i tempi. Mai come oggi i media sono stati così apertamente di parte,
la censura così spietata al punto di arrivare a zittire capi di stato, illustri
pensatori, qualsiasi voce che sia anche minimamente contraria.
Mai prima di
oggi una voce contraria, anche se solitaria, è stata additata come nemica.
Siamo stati
invitati a condividere immagini di gattini, piuttosto che occuparci di politica.
Se lo facciamo diventiamo divisivi e questo non piace. Veniamo bannati sul
social dalle “regole della community” in aperto spregio ai più basilari diritti.
Ci sono sempre più individui, politici, affaristi, imprenditori, che chiedono a
gran voce cose come il reddito di base, la vaccinazione obbligatoria, il
tesserino di appartenenza, l’interdizione dal lavoro, dai servizi, dal
divertimento; chiedono ogni forma di catalogazione, proscrizione, esilio. E la
bubbola serve a spiegarci che tutto questo è bene, è per la nostra sicurezza, erodendo
pezzo per pezzo la nostra libertà, o quel poco che abbiamo avuto, in cambio di
una protezione che non abbiamo richiesto. Ricorda qualcosa, in effetti.
Ma la cosa che
trovo più stupefacente in assoluto, è la facilità con cui tutto questo ormai
avviene. Non c’è più alcuna resistenza alla progressiva scalata di questa nuova
dittatura. Dopo decenni di bubbole nelle istituzioni, nelle scuole, sul lavoro,
in famiglia, siamo ormai indifesi contro questo oscuro male, al punto che non
siamo più in grado di discernere dove inizi e finisca la nuova realtà nella
quale ci vogliono fare vivere.
Allora
dobbiamo cominciare a identificare la bubbola. È necessario tornare a farci una
nostra opinione, perché è di questo che vogliono privarci. “Sono un cattivo
cittadino perché voglio farmi un’opinione”, diceva quello. Molti ora dicono,
orgogliosi: “Prima mi informo, dopo parlo”, non rendendosi conto, poveretti,
che si abbeverano alla Fonte della Bubbola.
Non è solo per
questi grandi temi che vengono usate le bubbole. Le bubbole si annidano e si nascondono
nelle cose semplici. Tutti ormai sappiamo che se una cosa ci viene offerta
gratuitamente è perché il prodotto siamo noi. Eppure bisogna continuare a
ribadirlo, guai a dimenticare. Per esempio, prendiamo una cosa accettata
universalmente come lo sconto. Non è una novità che lo sconto sia una bubbola. Nessuno
vi verrà mai a dire “Merce scontata perché vecchia”, oppure “Paga subito 10
caffè di meno perché mi garantisco l’incasso, e magari porti anche l’amico”. Ma
la realtà è questa. Bubbola è anche ciò che edulcoriamo, parafrasiamo, rendiamo
appetibile perché altrimenti suonerebbe indigesta. Di questi tempi, 2020-2021, il
governo non parla più di “agevolazioni fiscali” ma di “bonus”. Attenzione alla
sottigliezza. Non ti agevolo fiscalmente, ma ti do un premio, una gratifica.
La bubbola è anche una semplice parola.
Cercherò ogni
genere di bubbola, scoverò bubbole nascoste, ascolterò segnalazioni di bubbole,
se voi lettori vorrete mettermi a parte di quello che avete trovato. Certe
bubbole non sembreranno nemmeno tali, un esempio è il film Interstellar. Non me
ne vogliate, so che siete usciti dal cinema entusiasti, ma artisticamente
parlando il film è una gran cafonata.
Vi dovrete
abituare allo stravolgimento delle vostre convinzioni. Potrò anche essere nel
torto, ovviamente, ma questo servirà per stimolo alla discussione.
Perché ricordiamoci
una cosa: la bubbola non ammette dissenso. Potrebbe essere il
sottotitolo del blog.
La bubbola è
comunicazione. La comunicazione è tutto. Non serve che si dica la cosa giusta,
ma è come lo dici che fa la differenza, quanto lo ammanti di ciò che, a
guardare bene, non serve.
La bubbola è
parola. Il verbo, come direbbero alcuni. Le parole sono strumenti potenti,
quindi parleremo anche di libri, giornali, e tutto ciò che riguarda il linguaggio.
Parleremo di istruzione e di formazione, e quindi di libri di testo.
La bubbola è
immagine. L’immagine crea bubbole istantanee nella nostra testa, un mezzo
sopraffino per la propaganda, la quale contemporaneamente usa e svilisce la
parola con i suoi costrutti semplici, comprensibili anche a un bambino, e
proprio per questo altrettanto potenti. Parleremo, come ho fatto poc’anzi, di
cinema, televisione, clip, e multimedialità in genere.
Parleremo di
social network e blogs e Internet.
E parleremo
anche di persone. Perché la bubbola si è evoluta e incarnata. Alcuni personaggi
sono né più né meno che bubbole con le gambe.
Perciò, nulla
è esente dalla bubbola.
Prima di
partire per questo viaggio chiarisco la mia posizione. Il blog è aperto alla
discussione, per ora non è moderato, mi aspetto civiltà. Ma non intendo
giustificare la mia posizione, né mi interessa farlo. Io espongo un fatto o
un’idea alla quale chiunque può dirsi contrario o favorevole, e il gioco
finisce lì. Non c’è contradditorio, non c’è discussione obbligata, non c’è
confronto obbligato. Se ritengo giusto discuto, altrimenti ignoro. Gli insulti
non mi fanno male, le segnalazioni nemmeno, tanto resterò sempre nel limite
delle regole. Al lettore il compito di estrapolare il suo personale
significato. Il mio scopo è quello di mettere in luce una contraddizione, un
ragionamento fallace, una regola assurda, in special modo quando queste
nascondano un argomento per mettere una catena alla caviglia del cittadino. Ma
a guardare bene anche la parola “cittadino” nasconde una bubbola, perciò diciamo una
catena alla caviglia dell’essere umano.
Perché è vero che
i futuri distopici non sono mai stati all’orizzonte, ma giusto appena più in
là.
Blue Bubbles
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